Roma, va di moda il Colosseo quadrato

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Da tempo inutilizzato, da ottobre il Palazzo della civiltà italiana all’Eur è diventato sede della griffe Fendi e spazio espositivo

ROMA. Rimasto a lungo inaccessibile e fruito soprattutto come immagine iconica nel paesaggio urbano, da ottobre il Palazzo della civiltà italiana è sede della casa romana di alta moda Fendi e spazio espositivo. Fino a marzo sarà possibile visitare la mostra «Una nuova Roma. L’Eur e il Palazzo della civiltà italiana» curata da Vittorio Vidotto e Carlo Lococo che, attraverso disegni, schizzi, arredi, oggetti di design, estratti da film e fotografie d’autore, narra le vicende del palazzo e quelle dell’Eur, dal progetto dell’Esposizione universale di Roma prevista nel 1942 alla realizzazione del moderno quartiere negli anni del miracolo economico.

Palazzo della Civiltà Italiana all’EurIl manifesto dell’esposizione universale di Roma del 1942 di Giorgio Quaroni (courtesy of EUR spa)Franco Fontana, EUR, 1984Franco Fontana, EUR, 1984

La costruzione del palazzo, avviata nel 1938 dall’Ente Eur su progetto degli architetti Guerrini, Lapadula e Romano e ultimata nel rustico e nei rivestimenti esterni il 30 novembre 1940, prosegue con le finiture interne per poi essere interrotta dagli eventi bellici nel 1943. Concepito per accogliere la mostra dell’E42 e poi il museo della civiltà italiana, l’edificio viene costruito come un singolare ibrido tra cemento armato e muratura. Il compatto e imponente volume cubico, eretto su un basamento, è caratterizzato da facciate omogenee rivestite con lastre di travertino, prive di decorazioni e segnate dagli ordini di arcate a tutto sesto, emblema dell’autarchia. Il corpo di fabbrica è concluso dall’attico con la celebre iscrizione incisa su ogni lato dedicata all’eccellenza italiana nelle arti, nelle scienze e nella cultura. Il palazzo, soprannominato «Colosseo quadrato», privo di una vera e propria identità funzionale, animato dalle sculture che ne accentuano atmosfera metafisica e forza comunicativa, costituirà più volte fonte d’ispirazione per la creatività contemporanea.

Usato come museo solo in occasione dell’Esposizione internazionale dell’Agricoltura del 1953, l’edificio viene dato in uso dall’Ente Eur per circa tre decenni alla Federazione nazionale dei Cavalieri del lavoro che vi colloca i suoi uffici. A fine anni ottanta si avvia una riflessione sul suo stato di conservazione e sulla sua riconversione e, grazie a un accordo tra l’Ente Eur e il Ministero per i Beni e le attività culturali, prende consistenza l’ipotesi di destinarlo al MAV-Museo nazionale dell’audiovisivo, espletando nel 2002 anche un concorso internazionale di idee vinto dallo studio francese Ibos & Vitart. Al centro di approfonditi studi e sottoposto a tutela, tra il 2003 e il 2010 l’edificio è prima oggetto di un «restauro monumentale» relativo alle superfici lapidee e poi di un intervento di ristrutturazione e adeguamento normativo degli interni. Nel 2011 si delinea un’ulteriore possibilità di valorizzazione, promossa dal Ministero per lo Sviluppo economico, che affianca al MAV l’Esposizione permanente del Made in Italy e del design italiano.

Nel luglio 2013, in antitesi ai precedenti programmi di valorizzazione pubblica, un accordo tra Eur spa e il polo francese Louis Vuitton Moët Hennessy prevede la locazione per 15 anni del palazzo e la sua trasformazione in casa del marchio Fendi. A tal fine sono stati effettuati ulteriori lavori di ristrutturazione curati dall’architetto Marco Costanzi ed è stata studiata dall’artista della luce Mario Nanni una nuova illuminazione. L’accordo prevede di destinare l’intero piano terra del palazzo a spazio espositivo liberamente fruibile per eventi legati al design, all’arte, alla creatività e artigianalità italiane. Purtroppo, è preclusa al pubblico la terrazza che consente una delle più belle viste panoramiche sulla città, mentre, almeno allo stato attuale, la fruibilità del basamento è limitata alla porzione antistante il prospetto principale.
L’iniziativa targata Fendi rappresenta un’ulteriore occasione per riflettere sulla sinergia tra pubblico e privato nella gestione e valorizzazione del patrimonio culturale e architettonico collettivo che, più diffusa in altri paesi, si sta sviluppando anche in Italia. Già mecenate d’importanti e felici restauri nella capitale, Fendi saprà dare un valido contributo alla valorizzazione del palazzo gestendolo nella consapevolezza del suo valore storico-artistico e documentario. (Anche se ha destato qualche apprensione la struttura temporanea realizzata in copertura per l’inaugurazione del nuovo quartier generale, poi prontamente smontata). Ad apparire sotto una nuova luce è anche il rapporto tra architettura e moda, entrambe destinate a esprimere idee di forte identità. Riuscirà un gigante della moda come Fendi a sviluppare ulteriormente la propria identità rispettando quella del Palazzo della civiltà italiana?

Francesca Rosa